La resistenza è ogni giorno
Oltre alle celebrazioni, alla retorica, pensiamo sia indispensabile ricontestualizzare il processo di resistenza al nazifascismo, alla luce degli accadimenti seguenti l’aprile 1945. Ci sembra che troppo spesso, in occasioni come queste, ci si nasconda dietro una rilettura storica, acritica e per certi versi reazionaria.
Nel giugno 1946 Togliatti, appartenente al Partito Comunista Italiano e allora ministro di Grazia e Giustizia, promosse l’amnistia nei confronti degli ex fascisti e in nome della pacificazione nazionale. Questa, comprendeva il condono dei reati comuni e politici, compresi quelli di collaborazionismo con il nemico e reati annessi, ivi compreso il concorso in omicidio. Nei primi anni ’50, il 90% dei questori in carica erano persone che durante la dittatura ricoprivano ruoli di spicco all’interno delle gerarchie fasciste. Negli stessi anni, iniziò inesorabile la persecuzione sistematica di chi al fascismo si era opposto militarmente. La miseria e il crollo delle speranze a lungo coltivate costrinsero i più poveri a riprendere, come sempre era accaduto, la via dell’emigrazione verso la pianura, verso l’Europa settentrionale, verso gli oceani. Durante gli anni sessanta quasi settecento fascicoli riguardanti le stragi nazifasciste in Italia vennero “archiviati provvisoriamente” dal procuratore generale militare. I vari procedimenti furono bloccati, garantendo quindi l’impunità ai responsabili ancora in vita. Sulle stragi fasciste degli ultimi decenni del novecento, spesso realizzate in collusione con i servizi segreti italiani, non si è ancora fatta luce: i carnefici rimangono impuniti. Ogni anno fantasiose ricostruzioni sono sbandierate dai quotidiani che non fanno altro che riportare le voci di alcuni ex fascisti che per anni hanno seduto in parlamento.
Di recente, nell’estate del 2008, il disegno di Legge 1360 proposto dal P.D.L., con firme di parlamentari del P.D., equipara fascisti e partigiani, con la scusa di voler attribuire a coloro che hanno partecipato alla seconda guerra mondiale un riconoscimento analogo a quello attribuito ai combattenti della guerra 1914-1918: svuotando la Resistenza di ogni significato. Per finire, ogni anno, in modo acritico, esponenti bipartisan celebrano la giornata in ricordo delle foibe senza mai nemmeno ricordare i crimini fascisti durante l’occupazione dell’Istria e della Dalmazia; deportazioni forzate di trecentomila persone, pulizia etnica, angherie perpetrate a popolazioni inermi. Un’istituzionalizzazione di un evento drammatico, decontestualizzato dagli accadimenti storici di lungo periodo.
Dal dopoguerra ad oggi è possibile tracciare una continuità di un processo revisionista, infamante nei confronti della memoria e dei sogni degli uomini e delle donne che hanno lottato per un mondo migliore, più giusto.
Pensiamo che la Resistenza, o meglio le Resistenze, siano un processo quotidiano di emancipazione soggettiva e collettiva, di affermazione dei nostri bisogni e desideri. La Resistenza passa per il riconoscimento della differenza, nell’affermazione di nuove forme di vita. La Resistenza passa rivendicando l’autorganizzazione, rivendicando condizioni di vita dignitose, nel non voler sottostare all’arroganza di chi esercita il diritto di decidere per gli altri. La Resistenza è qui, ora, la Resistenza è vita, la Resistenza è ogni giorno.
I valori della Resistenza si difendono REALIZZANDOLI.
RESTIAMO RIBELLI!
Dimenticare significa perdere l’eredità di una lotta ancora non completata. Non dimenticare obbliga a comprendere, a smascherare, a continuare quella lotta. Per combattere questo nuovo fascismo non ci saranno i vostri nonni. Affrontarlo toccherà a VOI. /// partigiano “Foco”